Da molti anni mi occupo di affidamento familiare di bambini in difficoltà. Ho sempre amato molto questo istituto che è antico quanto è antica l’umanità. I bambini sono sempre stati visti come patrimonio collettivo, quel qualcosa che va oltre i loro stessi genitori e la generazione di adulti in generale. Da sempre il mondo adulto ha svolto un ruolo importante intorno ai cuccioli, difendendoli, aiutandoli a crescere e a fiorire. Solo con l’avvento delle famiglie mononucleari prima e delle nuove famiglie ricostruite dopo, i figli sono diventati nell’immaginario dei genitori una sorta di proprietà sulla quale loro hanno gli unici poteri. La legge invece, pur riconoscendo ai genitori l’obbligo di crescere e di educare i figli, ha finalmente riconosciuto i bambini come soggetti di diritto. E’ in questa ottica che si inserisce il ruolo di famiglie alternative a quella biologica, che, laddove quella naturale non sia in grado di assolvere il compito, vanno ad integrare le figure genitoriali carenti, spesso sul piano affettivo e delle cure che ogni bambino ha diritto a ricevere per crescere e diventare una persona sana nel corpo, nella mente e nella relazione con gli altri. Nella mia lunga attività professionale ho incontrato bambini svuotati nell’animo, maltrattati, lividi sul corpo e nel cuore, abusati sessualmente o psicologicamente da coloro i quali avrebbero dovuto offrire loro cure e protezione. Ho letto nei loro occhi richieste di aiuto e spesso negli occhi dei loro genitori messaggi di disperazione legati direttamente alla loro incapacità di essere riferimenti validi per i loro figli. Ogni volta che la segnalazione della condizione del bambino partiva per il Tribunale per i Minorenni, quella segnalazione stessa rappresentava la sconfitta del sistema di protezione di quella famiglia e per me ore insonni di riflessione alla ricerca delle parole più giuste per descrivere ai Magistrati ciò che mi era stato trasmesso. La gran parte delle famiglie di origine ha una miriade di attenuanti per non essere adeguata, ma non bisogna mai dimenticare quale fra tutti è il soggetto più debole, da proteggere, se si vuole fermare una catena che altrimenti non si interrompe mai.
L’affidamento familiare ha rappresentato nel nostro ordinamento giuridico una delle possibili risposte al disagio dell’infanzia: offrire ad un bambino la possibilità di guardare e di vivere luoghi e opportunità diverse affinché, una volta diventato adulto, possa scegliere che impronta dare alla sua vita. Dopo oltre trent’anni di lavoro e di affidi talvolta molto riusciti, talvolta meno, posso dire con tutta onestà che quei bambini e ragazzi (ora adulti) a cui è stata offerta l’opportunità di “vedere oltre” i limiti della loro famiglia nella maggior parte dei casi sono poi diventati il grimaldello per consentire ai genitori di uscire dalla condizione di sofferenza sociale. Un figlio che è cresciuto sano e che ha avuto più opportunità, spesso è stato poi in grado di fare in modo che i suoi genitori possano contare su di lui diventato adulto e sano. E’ questo l’obiettivo che il progetto “genitori a quadrato” si propone in collaborazione col polo affidi di Guidonia – Tivoli – Monterotondo per dare un seguito ed un sostegno a coloro che offrono questo Servizio alla collettività tutta. Sostenere chi si fatto carico di un impegno così delicato e talvolta faticoso è dovere dei Servizi e della intera comunità affinché ognuno possa fare la sua parte affinché il progetto vada a buon fine. I bambini rappresentano il nostro futuro….. non lo dimentichiamo!!!!
Daniela D’Andria
Assistente sociale del consultorio ASLRMG1
Referente polo affidi interdistrettuale