“Quando il Dopo si potrà intravedere, cosa di quel Dopo ci parlerà del Prima?
Il Covid-19 potrebbe permetterci di entrare in un vero e proprio esperimento sociale.
In un tempo in cui siamo immersi nell’incertezza, vale la pena domandarsi che cosa ci dicono del mondo in cui vivremo domani i modelli di risposta che scegliamo in questo momento.
L’operatore sociale, fino a qualche settimana fa, cercava di comprendere e dare risposte alle domande delle persone che giungevano nei
vari servizi, dove anche lui risiedeva. Oggi invece, barricato nella propria casa, si chiede quale sarà l’impatto dell’epidemia nelle case delle persone, che quelle domande non possono più formularle perché non hanno più un contenitore fisico che le può accogliere. In questo momento quel contenitore è mutato in un non-luogo, nella definizione di Marc Augé,, in cui le persone non vi abitano più. Uno Spazio spoglio come alberi in autunno, caratterizzato da un silenzio assordante.
Le stesse persone, portatrici di bisogni, sono state però capaci di riformulare la loro domanda in un altro luogo, forse invisibile, ma da loro abitato e come.
In un momento in cui tutto il mondo si è improvvisamente fermato, dove l’angoscia e la preoccupazione arrivano inaspettate come esondazioni di un fiume nelle vie delle città, l’operatore sociale sta provando ad arginarle con strumenti nuovi, provando ad aiutare le persone a non totalizzare il pensiero sulla morte. Provando a lasciare uno spazio per domande apparentemente insignificanti come: “Cosa fa il mare quando andiamo a dormire? Perché i piccioni muovono il collo avanti e indietro? Perché si formano le rughe nelle mani quando stiamo molto tempo nell’acqua?”, un po come Pinocchio, che amava sdraiarsi e seguire il volo degli uccelli.
Fermarsi ora, cosi come alcuni vorrebbero, solo perché l’espressione dei bisogni dell’utente non avviene in luoghi fisici ma in una rete invisibile, potrebbe portarci domani una restituzione di una realtà sociale ancora più complessa da sostenere, un addizione di bisogni antichi e nuove necessità psicopatologiche.
Quando tutto finirà, quando tutti noi potremmo ricominciare ad abitare quei luoghi oggi silenziosi, sarà possibile accettare più facilmente il Dopo e parlare del Prima forse anche perché avremo condiviso la costruzione di domande insignificanti.
Dr. Flavio Giambernardini
Psicologo Psicoterapeuta
Centro per le famiglie